La minoranza consiliare ha indirizzato all’assessore Pasquale Frattasi un’interrogazione per conoscere lo stato del patrimonio immobiliare capuano. I consiglieri comunali Annarita Vegliante, Fernando Brogna e Massimo Antropoli, alla luce della recente deliberazione della Corte dei Conti, quest’ultima chiamata in causa a valutare la giustezza della decisione del comune di Capua di aderire alla società Consortile Agrorinasce, hanno deciso di chiedere lumi all’assessore Frattasi. “Il parere negativo della Corte dei Conti ha riaperto una piaga sulla gestione del patrimonio immobiliare capuano. Gli stessi consiglieri di maggioranza riferiscono che il patrimonio immobiliare è ingestito e non si ha nessuna consapevolezza non solo della gestione ma anche dell’entità dello stesso. A questo punto è d’obbligo chiedere all’assessore Frattasi, che ha ricoperto l’incarico di assessore al patrimonio anche in precedenti edizioni dell’amministrazione del centro sinistra, quanti locali comunali commerciali sono locati e quanti inutilizzati così come per gli appartamenti e le tante proprietà. Si chiede altresì di sapere se vi è regolarità contrattuale per tutti gli immobili occupati e se, nel caso di locazioni in atto, vi sia regolarità dei pagamenti. Laddove ci fossero delle morosità, l’assessore ci farà conoscere quali azioni, di concerto con gli uffici competenti, sono state intraprese. Le risultanze di tale interrogazione saranno oggetto di eventuale invio della documentazione presso la Corte dei Conti”. È stata propria la Corte dei Conti a riaccendere i riflettori sullo stato del patrimonio immobiliare capuano. Nella deliberazione della Corte dei Conti si legge che “il Comune di Capua delibera di aderire alla società Agrorinasce (in house) ma non dettaglia in modo preciso quale servizio intende affidare, pur facendo più volte riferimento al patrimonio immobiliare ed ai beni confiscati alle organizzazioni camorristiche che, come visto, rientrano nell’oggetto sociale e rappresentano una delle quattro principali attività di Agrorinasce. Come più volte evidenziato dalla Corte dei conti, l’Ente è tenuto ad improntare la gestione del proprio patrimonio a criteri di economicità ed efficienza, dove l’uso gratuito, in assenza dei presupposti di legge, comporta un depauperamento delle ricchezze della collettività, violando il principio di buona amministrazione. Il patrimonio dell’Ente è uno strumento strategico della gestione finanziaria in quanto è costituito da un complesso di risorse che l’Ente è tenuto ad utilizzare in maniera ottimale e a valorizzare, in vista del migliore e più proficuo perseguimento delle proprie finalità istituzionali. Pertanto, la scelta di concessione in uso gratuito di immobili comunali, ivi compresa la mancata richiesta dei rimborsi per le utenze, oltre a non rispettare il principio del buon andamento ex art. 97 Cost. e art. 1 della Legge n. 241/1990, è ammissibile solo nei casi in cui sia perseguito un effettivo interesse pubblico equivalente, o superiore, rispetto a quello meramente economico, ovvero nei casi in cui non sia rinvenibile alcuno scopo di lucro nell’attività concretamente svolta dal soggetto utilizzatore di tali beni, unitamente alla compatibilità finanziaria dell’intera operazione realizzata. Il riferimento è alla parte del verbale deliberativo in cui si afferma che “noi siamo pieni di occupazioni abusive, di contratti scaduti, di contratti sui quali non riceviamo alcunché e non riusciamo neanche a perseguire e a garantire un minimo di controllo”.