Una storia paradossale quella accaduta a 23 lavoratori ex Jabil che dovevano essere impiegati a tempo pieno ed indeterminato da una società sarda in uno stabilimento in loco. Dal 25 maggio 2020, data di assunzione dei 23 lavoratori da parte del Gruppo Orefice, che produce gruppi elettrogeni, i dipendenti non hanno, in sostanza, mai lavorato. Tutti i lavoratori interessati, infatti, sono stati unilateralmente posti, prima, in ferie e, poi, in cassa integrazione. Tra promesse non mantenute, impegni presi in sedi istituzionali alla presenza delle massime autorità del governo nazionale e regionale, e dopo aver incassato ingenti somme elargite dalla Jabil per incentivare l'uscita e la ricollocazione degli ex dipendenti, ieri l'ennesimo colpo di teatro. La società Orefice ha disposto il trasferimento di tutti i 23 lavoratori da Marcianise in Sardegna, comunicando la chiusura del sito campano, in realtà mai effettivamente funzionante.
"Siamo all'arroganza senza freni da parte di gruppi imprenditoriali spregiudicati che giocano con la vita delle persone e delle loro famiglie". Così Alessandro Tartaglione e Roberto Iavarone, rispettivamente coordinatore provinciale e responsabile Politiche del Lavoro di Articolo Uno Caserta. "Questi lavoratori continuano - avevano coraggiosamente intrapreso la strada di affidarsi ad un'azienda che aveva promesso loro investimenti e lavoro sul nostro territorio. Ora si ritrovano, da un giorno all'altro, ad essere trasferiti in un'altra regione. E' una storia incredibile e vergognosa sulla quale il Mise, la Regione Campania, Confindustria e la stessa Jabil non possono far finta di niente. Chiederemo, anche attraverso il nostro gruppo parlamentare, di fare piena luce su questa vicenda che ha dell'incredibile e si configura come l'ennesimo caso di capitalismo predatorio".