elettr1Tutti abbiamo sentito almeno una volta parlare del mostro creato dal dottor Frankestein: una creatura nata dall'unione di parti di cadaveri prese da cimiteri e obitori, collegati da elettrodi al alto voltaggio che sono riusciti a metterla in vita. Questo "mostro" è il protagonista di un romanzo ambientato sul finire del 700 a Ginevra, che racconta la storia del dottor Victor Frankestein che, dopo essere rimasto affascinato da studi e lezioni di anatomia, decide di aprire nuove strade e andare più lontano di quanto mai nessuno abbia fatto. Frankestein si impegnerà giorno e notte a studiare anatomia e i processi di generazione, fino a quando arriverà alla scoperta de "la causa della
vita" e inizierà a convincersi di essere capace di dar vita alla materia inanimata.
La trama ideata dalla scrittrice Mary Shelley è del tutto ambigua, soprattutto perché scritta nella prima metà del 1800, periodo in cui lo sviluppo e il progresso scientifico creavano instabilità, e quindi terrore; ma il "mostro" di Frankestein non è comparso in sogno all'autrice, anzi è pura realtà.
Per comprendere bene le origini di questo romanzo dobbiamo tornare indietro al 1780. È il 1737, a Bologna, quando nasce il fisico e anatomista italiano Luigi Galvani; a 23 si laurea in medicina e insieme ai suoi maestri Jacopo Bartolomeo Beccari, al naturalista Giuseppe Monti e al fisico Domenico Gusmano Galeazzi, si lascia ammaliare dalle nuove scoperte. In questo periodo si inizia ad abbandonare l'idea di studiare il corpo basandosi sugli umori e le cosiddette "zone molli", per concentrarsi sulle parti "dure". Con il tempo nasceva sempre di più in lui la convinzione che l'elettricità avesse qualcosa a che fare con il movimento e la vita, ma il problema era ora come dimostrarlo. Galvani inizierà così a fare degli studi su rane morte e dissezionate:
«Dissecai una rana, la preparai e la collocai sopra una tavola sulla quale c'era una macchina elettrica, dal cui conduttore era completamente separata e collocata a non breve distanza; mentre uno dei miei assistenti toccava per caso leggermente con la punta di uno scalpello gli interni nervi crurali di questa rana, a un tratto furono visti contrarsi tutti i muscoli degli arti come se fossero stati presi dalle più veementi convulsioni tossiche. A un altro dei miei assistenti che mi era più vicino, mentre stavo tentando altre nuove esperienze elettriche, parve dì avvertire che il fenomeno succedesse proprio quando si faceva scoccare una scintilla dal conduttore della macchina.
Ammirato dalle novità della cosa, subito avvertì me che ero completamente assorto e meco stesso d'altre cose ragionavo. Mi accese subito un incredibile desiderio di ripetere l'esperienza e di portare in luce ciò che di occulto c'era ancora nel fenomeno.»
Tutto ciò incuriosiva molto lo scienziato, che continuò a fare esperimenti sulle rane rimanendo chiuso circa 16 giorni al mese per tre anni, dal 1780 al 1783, nel suo studio. Galvani sosteneva che ci fosse un’elettricità specifica degli animali, con origine nel cervello, che tramite i nervi giunge ai muscoli. Come tutte le grandi scoperte sono tanti i sostenitori quanto quelli contrari; ricordiamo tra questi ultimi Alessandro Volta, secondo il quale gli organismi viventi non hanno in sé energia ma sono i metalli e i conduttori ad essere motori di elettricità. Volta attribuiva quindi l'elettricità agli archi metallici che collegavano i muscoli degli animali, non ai muscoli stessi. In realtà nessuno dei due aveva totalmente torto o ragione: Galvani cadde in errore sulla distinzione tra elettricità organica e inorganica, mentre Volta ipotizzò una totale assenza di quella organica. Da ciò ne deriva la fondazione dell'elettrofisiologia da parte di Galvani e la scoperta del potenziale di contatto da parte di Volta, che lo porterà poi ad inventare la pila.
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Qualche anno dopo, il nipote di Luigi Galvani, Giovanni Aldini, continuerà i suoi studi sull'elettricità, stavolta sperimentandoli però sull'uomo.
Al contrario dello zio, Giovanni trovò un modo per ricavare denaro da questi studi, sperimentando con i cadaveri fenomeni più o meno profondi: questi, a seconda del muscolo colpito dalle scariche elettriche, arrivavano a sollevare pesi, ad alzarsi in piedi e ad aprire gli occhi, proprio come se fossero redivivi. Il giovane Aldini iniziò a girare l'Europa presentando nei circhi queste "esibizioni".
In Italia e nel resto della maggior parte dei paesi però, i condannati subivano la ghiottina, e di conseguenza egli poteva sperimentare solo su cadaveri senza testa; l'obiettivo di Galvani era quello di mostrare che si poteva riportare in vita qualcuno con l'elettricità e per questo andò in Inghilterra dove la pratica della ghiottina non era ancora arrivata e si utilizzava ancora l'impiccagione. Lo scienziato riuscì ad ottenere il permesso dei giudici di collegare un uomo appena impiccato all'elettricità e ciò che successe fece rimanere tutti a bocca aperta: l'uomo iniziò a respirare e il suo cuore iniziò a battere anche se per pochi secondi (come succede oggi con le scariche elettriche di un
defibrillatore). Ad uno di questi spettacoli partecipò proprio Mary Shalley che da qui prese l'idea per il suo romanzo fantascientifico: Frankestein.
 
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