Ai piedi del Monte Tifata, sorge la ridente cittadina di San Prisco, comune dal radicato folklore popolare e religioso che culmina, ad un mese esatto dal Natale, nelle celebrazioni di Santa Matrona. Nel passato tipica festa agricola invernale, oggi ancora meta di diversi pellegrinaggi di fedeli che accorrono per omaggiare e chiedere protezione, i festeggiamenti si snodano fra Messe e bancarelle di prodotti tipici. La celebrazione è legata ad un antico detto che, specie nei tempi passati, assumeva un’importanza allegorica importante: A Santa Matrona ‘a jurnata s’allonga ‘e n’ora.
La storia di tale festività nasce da piccoli aneddoti religiosi tramandatosi nel tempo. Matrona era una nobildonna figlia di un nobile della Lusitana (regione del Portogallo) che cresceva in un contesto di forte religiosità e fede e professava con dedizione il culto di San Prisco. Quest’ultimo nel corso del tempo divenne uno dei Santi più adorati e pregati in virtù dei numero miracoli che gli vennero attribuiti; tanti erano i pellegrini che accorrevano ai piedi della sua tomba, chiedendo favori. Matrona, fu una di quelli: affetta da cronici dolori all’addome, dopo aver sognato un invito dallo stesso San Prisco, raggiunse immediatamente Capua.
La leggenda narra che subito dopo la visita e le preghiere recitate sulla tomba di San Prisco, la nobildonna guarì da ogni male. Fortemente colpita dal miracolo, rinnovò maggiormente la sua fede e decise di rimanere per sempre nel casertano, senza più tornare nella Lusitana. Qui, investì molte delle sue ricchezze costruendo, sulla tomba del suo amato Santo, una basilica ad uso matyrion, che sarebbe attualmente la Chiesa madre di San prisco. Dopo la sua morte, divenuta Santa, fu invocata sopratutto per chiedere aiuto in occasioni di grandi epidemie del passato.
Attualmente Santa Matrona è protettrice delle partorienti ed in genere pregata per porre fine ai dolori riguardanti l’addome e l’apparato intestinale. La ricorrenza che inizialmente cadeva il 15 marzo, è attualmente fissata per il 25 gennaio che, nel mondo contadino, era una data particolarmente propizia.
Le modalità con cui si omaggiava la Santa, sono rimaste invariate nel tempo come un antico patrimonio religioso da proteggere. Una volta entrati nella cappella di Santa Matrona, si recita un rosario e, a turno, si strofina un fazzoletto bianco contro qualsiasi parte della statua di Santa Matrona. Immediatamente dopo, lo stesso fazzoletto viene portato all’addome con la speranza che possa guarire o arrecare sollievo da dolori intestinali ed affini: nel caso delle partorienti, strofinare tale fazzoletto sulla pancia, è l’auspicio di una buona e sana gravidanza.
Fuori la Chiesa, diversi artigiani e commercianti allestiscono bancarelle, vendendo prodotti rigorosamente fatti a mano e usati per la lavorazione della farina. Vi troviamo le “cucchiarelle” ovvero mestoli di legno, il “setaccio“ per fare il pane, e i classici panieri della nonna, ovvero le “canestrelle”. Ad affiancare l’artigianato, vi sono due dolciumi particolarmente amati sia da grandi che piccini: le mele zuccherate e o’zuccariello. Le prime, sono mele grandi e tonde che vengono passate, in una pentola ricolma di zucchero e acqua, da essere servite squisitamente calde. Le mele, simbolo di abbondanza e fertilità, deriverebbe dal culto di Demetra, dal quale probabilmente trae origine la festività popolare della Santa. Seconda ed ultima leccornia è o’ zuccariello: una pasta di zucchero dal color rosso, intrecciata e richiusa a forma di “O”!
Francesca D'Angelo 5A/SCO
Liceo Statale SALVATORE PIZZI.
Cronisti di Classe 2021/22