Foglie 130822La festa dell'Assunta, fede e tradizioni che si mescolano ai ricordi: l'attesa con la vigilia, la devozione per la Vergine, la visita nella cappella di piazza Etiopia, dov'è custodita la sacra effigie, su cui si narra una meravigliosa storia fatta di amore e venerazione. La Messa Solenne, lunedì alle 11.30 nella Basilica cattedrale, celebrata dall'Arcivescovo Salvatore Visco, con la presenza dei confratelli dell'antica Congrega capuana e la generosa attenzione di don Gianni Branco, parroco del Duomo, che sostiene con coinvolgente animosita' la partecipazione popolare. La storia del simulacro dell'Assunta è ricca di emozioni, la sola testa venne estratta dalle macerie della Cattedrale, bombardata il 9 settembre del 1943. Nel 1950 un devotissimo artigiano capuano, Gagliardi, si adopero' per ricoscruire l'effigie, quella che si trova nella cappella di piazza Mercato, la cui esatta toponomastica cittadina gli attribuisce il nome di piazza Etiopia. L'artigiano lavorò non poco e con tutte le competenze per riportare la presenza iconografica Mariana agli antichi splendori. Secondo la dottrina cristiana, Maria non sarebbe morta, ma caduta in un sonno profondo e trasferita in Paradiso sia con l’anima che con il corpo. Ed ecco le tradizioni, con la vigilia: osservare digiuno condizionato, mangiando una fetta di anguria ed una di pane, sinonimo di buon auspicio e fertilità. Gli innamorati erano soliti portare il melone d'acqua alle future spose, perchè l’acqua è il simbolo della purificazione, ma anche un segno di rispetto. Ferragosto, però, è festa per le tavole imbandite con le prelibate pietanze della nostra cucina. La vera apoteosi è l'esposizione dei taralli, ma anche i puparuol mbuttunat, i peperoni ripieni, traduzione letterale. L'imbottitura del peperone è la determinante di quella cultura parsimoniosa e umile del popolo napoletano, ed in particolare della cucina delle nostre contrade. Non è  ferragosto, poi, se il pranzo o la cena, a seconda delle abitudini familiari, non sia conclusa dalla imperiale presenza dei taralli, che si ricoprono con una glassa a base di acqua, zucchero, lievemente aromatizzata al succo di limone. La tradizione vede impegnate  le pasticcerie di Capua e di Santa Maria, che offrono il dolce in svariate dimensioni e variegati aromi. Per finire, la sangria napoletana, ovvero 'a percoca int' o vino.

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