Michele Nappa,ex docente di Diritto del Liceo “S.Pizzi”di Capua,giurista raffinato,autore di rapida sintesi ,nasce ad Alvignano (CE) e si stabilisce a Piana di Monte Verna (CE),dopo cinque anni trascorsi in Vergiate(VA),dove ha maturato in parte la propria personalità artistica. Ha pubblicato nel mese di ottobre 2024 “Le ferite del cuore”,edite da Edistorie .
E’ una silloge più voluminosa delle altre nove, pubblicate dal 2014 al 2020(Senza voltarsi,Senza dirsi mai addio,Senza restare,Impressioni dell’anima, Ritorno amaro,Paesaggi e preghiere del cuore, Senza di te mai , Jeans strappati e Fremiti dell’attesa.Esprime “un realismo lirico dallo stile delicato ed immediato”.
Versi delle 100 poesie si snodano con armonia, calore e partecipazione nelle tre sezioni della silloge :Vicende d’amore,Ferite dolorose ed Emozioni deiluoghi del cuore.
Tra le pagine del volume,le Vicende d’amore riflettono l’eterna dialettica delle passioni,mentre
l’enunciato poetico (Ferite dolorose)evoca con efficacia il presente tormentato (terremoto e guerre) e anche le vicende strazianti del Covid-19 ,come in “Senza pregare”:
/Deserto/l’altare di Cristo,/laddove non s’ode/nessuna preghiera,/ma il suono/di sorde campane./Recitano sovente/l’antico/ e il santo Rosario,/come usa/la gente devota/che lotta e più ama./
La terza sezione,infine, ripropone un mondo poetico in cui trovano vita vari temi del mondo dell’uomo e delle cose, come accade in “Inverno lombardo”:
/Passano /le nubi lente/nel cielo grigio,/umido e uggioso./La nebbia/sale lieve/sugli alberi alti,/spogli e disperati./La natura/sempre viva/nel suo silenzio,/avvolge e seduce./L’inverno/freddo del Nord/scorre sulle cose/e sul mio cuore d’immigrato./
L’autore ha ottenuto importanti premi e riconoscimenti letterari. Ha inoltre conseguito nel luglio 2024 la Menzione di merito per il romanzo inedito “Pane e nostagia quotidiana” dal premio letterario “ L’Azalea “in Roma. Provvederà in Piana di Monte Verna alla presentazione di Ferite del cuore all’inizio di gennaio del 2025.
PREFAZIONE ALL’OPERA DI MICHELE NAPPA
Ad Alvignano(CE), caro paese natale, a Piana di Monte Verna(CE), ridente paese di residenza, e a Vergiate (VA), sereno paese lombardo del mio primo pane quotidiano.
La poesia non è quella che leggiamo scritta con segni grafici nero su bianco su di un foglio di carta. Essa è di più, non solo una fotografia, l’immediatezza raccontata di uno stato d’animo o la rievocazione di un ricordo. Quando durante la lettura le parole prendono corpo materializzandosi in immagini sì da avvertire suoni, odori, sensazioni che ci trasportano in quell’altrove dal poeta raccontato, allora, e solo allora, siamo certi di essere di fronte alla vera poesia; quella che l’autore, servendosi di “semplici” parole, trasforma in arte; ed è ciò che fa Michele Nappa con i suoi componimenti di rapida sintesi ed immediatezza. Il suo è un sentire universale, dunque, dipinto a volte con rammarico, altre con preoccupazione, altre ancora con nostalgia. L’autore suddivide la raccolta intitolata Le ferite del cuore in tre sezioni corrispondenti a temi differenti.
Vicende d’amore, Ferite dolorose, Emozioni. Nella prima, attraverso la quale esprime prioritariamente il suo sentire in riferimento all’amore per una donna, intitolata Vicende d’amore, la sofferenza ha il volto dell’abbandono e della solitudine: stati d’animo che l’autore ricama vividamente nella poesia Lettera d’amore che ritengo sia la più rappresentativa di questa prima sezione: «Carissima mia, / il tuo inatteso
addio / mi stringe il cuore. / Ti prego, amore, / non restare muta: / il tormento mi consuma. / Questo è il grido disperato / dell’uomo ferito, / che nel labirinto dei giorni / si sente ormai / terribilmente solo / trafitto dal dolore disperato. / Penso che nessuno / possa comprendermi / e soffrire delle mie pene / nate dal tuo abbandono. / Ed io, che amo solo te, / spero ancora / nel tuo amore / che possa donarmi / una gioia nuova. / Ripenso
in quest’attesa / ai tanti cari ricordi / del recente passato / cullato con rimpianto. / Trascorre amaro / il silenzio dell’addio / senza che la speranza declini. / Aspetto il tuo ritorno / per passare con te / il resto della nostra vita / e farti felice / con un amore sempre / più grande e ardente».
E nonostante l’amarezza e la solitudine campeggino nell’animo del poeta, le poesie non sono mai piegate alla rassegnazione, poiché nel cuore dell’autore è sempre viva la speranza. La spontaneità e l’immediatezza sono le caratteristiche che rendono vivi i versi di Michele Nappa, il quale non temendo nulla si mette a nudo raccontando di sé, delle sue fragilità di uomo, rendendosi non solo credibile ma profondamente umano e autentico.
In Ferite dolorose, la seconda sezione della silloge, è invece la constatazione di una dura realtà a dominare la scena. Si aprono quindi gli scenari di una sofferenza più vasta come il disastro del terremoto di Amatrice che il poeta rende in modo egregio con il componimento che porta lo stesso nome di questa sezione – «Resta del terremoto / un tormento infinito. / Resta della torre / l’orologio che tace / e il silenzio delle campane.
/ Resta di molte case / una massa di pietre. / Resta nel solco del sisma / Il dolore che perdura / nei cuori dei terremotati. / Resta Amatrice, un paese dilaniato, / messo per sempre in croce / sulla sua terra martoriata.» – o quella sofferenza che ha coinvolto tutti con la pandemia – «Deserto / l’altare di Cristo, / laddove non s’ode / nessuna preghiera, / ma il suono / di sorde campane. / Recitano sovente / l’antico / e il santo Rosario, / come usa / la gente devota / che lotta e più ama»
(Senza pregare) –, e anche la sofferenza più lontana da noi in termini di distanza, la guerra… ma per molti, così come per l’animo sensibile del poeta, vicinissima al suo sentire – «Cadono invano / sul campo nemico / i figli innocenti / della guerra russo-ucraina. / Il dolore delle madri / strazia i loro cuori feriti. / La pace attesa, / tradita dal mancato amore, / non ha più voce / per vincere / il male antico / che semina impietoso / da un anno / soltanto croci e croci / avvolte nel disperato silenzio.» –, o ancora le sofferenze per epiloghi infausti tanto da ricamare intensi e toccanti versi come quelli che rendono l’idea di quanto possa essere straziante per una madre perdere il proprio figlio, come recita la poesia Grido disperato: «La madre disperata, / venuta da lontano, / ha pianto gridando il suo dolore: “Ho perduto un figlio / partito per vincere / la miseria nera / del tetto natio. / Non so dove sia / nè so dove cercarlo. / Sono rimasta sola / con le mie lacrime. / Fratelli stranieri, / datemi un sasso / per piangere ancora / il caro amato figlio”». Nella terza sezione intitolata Emozioni (poesie da 41 a 100), invece, la sofferenza dell’anima prende la forma della nostalgia, quella per i luoghi nei quali l’autore ha vissuto, e per le persone care. Le poesie di Michele Nappa sono storie,
tratteggiate con un linguaggio essenziale ma incisivo, quadri di vita personali e racconti di una realtà più vasta che non possono non avere ripercussioni emotive nel lettore. Egli si fa portavoce di quel senso di disagio e malessere che, se per certi versi logorano il suo animo, per altri divengono la molla, l’input del suo stesso poetare. E il suo è un poetare dove il racconto si anima con le mille sfaccettature del suo essere, e nel quale la sua essenza è intrisa e influenzata dalla natura (con i suoi tanti elementi: sole, vento, nebbia e paesaggi del Nord, colli, borghi, terra natia) che riesce a incastonate ad arte nei versi, offrendoci bellezza e pregnanti atmosfere: «La nebbia / sale lieve / sugli alberi alti, / spogli e disperati» (Inverno lombardo). Sarebbe riduttivo e fuorviante accostare Michele Nappa a qualche grande poeta. Egli segue un moto poetico autonomo. Le parole sembrano giocare e muoversi al ritmo di una melodia, non vincolate da alcun pentagramma se non quello libero del poeta che ripudia schemi metrici e si libra sulle ali della spontaneità, la quale per sua natura obbedisce solo a sé stessa. I versi, benché intensi e spesso narranti dure realtà, sembrano fluttuare nell’unico “ordine” dell’idea del poeta che diviene, senza alcuna forzatura, idea condivisa, suscitando nel lettore immagini mentali, fino a essere percepite con i sensi: «Non ho parole / per gridare / il dolore disperato / sofferto dal mio cuore. / Non ho parole / e speranze per alleviare / le tue e l’altrui pene» (Senza parole). Il suono armonico dei versi
si fonde con il senso del racconto di ogni componimento, sì da soddisfare tanto l’orecchio più esigente quanto l’animo più tenace. Michele Nappa ci racconta la sua realtà, quella vissuta, sognata, desiderata, bramata con una capacità comunicativa disarmante che ci fa sentire tutti figli di una stessa marea. Cos’è infatti l’uomo lasciato a sé stesso, isolato dagli altri? Siamo quindi simili in tutto ciò che esperiamo; la differenza è solo nel
coraggio di narrarci creando arte, e Michele Nappa con questa raccolta poetica rende vivo il senso stesso della poiesis che dal non-essere diviene pienamente essere.
Teresa Laterza