Capua Bene Comune” ha presentato una mozione sull’autonomia differenziata ex art 116 , comma. 3 della Costituzione e in favore della proposta di legge di iniziativa popolare “Modifica dell’art 116, comma 3 e dell’art 117, commi 1,2 e 3 della Costituzione. Il consigliere comunale Claudio Di Benedetto ha illustrato la scelta del perché di questa mozione.
“Questa dell’autonomia differenziata così come prevista sarà una sciagura per le regioni meridionali e comporterà necessariamente una sottrazione di ingenti risorse alla collettività nazionale e la disarticolazione di servizi e infrastrutture logistiche (come i trasporti, la distribuzione dell’energia, la sanità e l’istruzione), che per il loro ruolo nel funzionamento del sistema paese dovrebbero avere necessariamente una struttura unitaria e a dimensione nazionale. La sottrazione del gettito fiscale alla redistribuzione su tutti i territori violerebbe poi il principio di solidarietà economica e sociale contenuto in Costituzione, andando a aumentare le disuguaglianze tra Nord e Sud, con un conseguente crollo sociale ed economico dei territori più svantaggiati che potrebbe mettere facilmente in crisi l’intera Italia. Volendo considerare solo le due infrastrutture che sono più vicine ai cittadini quali la sanità e l’istruzione ci troveremo nell’assurda situazione che con un sistema sanitario gestito a livello regionale, chi si trova temporaneamente in altre regioni potrebbe avere grandi difficoltà nel farsi prescrivere e acquistare le medicine di cui ha bisogno. Quindi già il sistema di prescrizione non potrebbe diventare di competenza esclusivamente regionale. Per il prof. Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe, che è un’organizzazione indipendente con lo scopo di favorire la diffusione e l’applicazione delle migliori evidenze scientifiche, al fine di migliorare la salute delle persone e di contribuire alla sostenibilità di un servizio sanitario pubblico, equo e universalistico. Sostiene che l’autonomia differenziata darebbe il “colpo di grazia al sistema sanitario nazionale” aumentando “le diseguaglianze regionali e legittimando normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute”. Lo stesso discorso vale per l’Istruzione. Luca Bianchi, il direttore del centro di ricerca Svimez sul divario regionale, ha criticato il disegno di legge di Calderoli sostenendo come l’autonomia colpirebbe gravemente il sistema scolastico con “un vero processo separatista” in cui si avrebbero “programmi diversi a livello regionale, sistemi di reclutamento territoriale e funzionamenti differenziati”. Critica sostenuta anche dalla sociologa Chiara Saraceno, secondo cui non sarebbe “possibile lasciare l’attuazione del compito costituzionale della scuola alle diverse disponibilità e scelte locali”, perché già ora “esiste una differenziazione ingiusta delle risorse educative pubbliche offerte sul territorio nazionale, non solo tra regioni, ma anche all’interno delle stesse regioni e città”. Differenze che “si sovrappongono alle diseguaglianze sociali e di contesto, invece di compensarle”. La mozione che Capua Bene Comune ha portato all’attenzione di questo Consesso è un atto politicamente doveroso, perché scongiurare la definitiva frantumazione del Paese è una battaglia che va combattuta a tutti i livelli istituzionali. Ma è anche un’occasione utile a far venire allo scoperto, una volta per tutte, chi ha davvero a cuore le sorti del Mezzogiorno e chi invece no. È l’occasione per i colleghi del centrodestra di dire, in questo caso e senza infingimenti, se stanno dalla parte della Campania, della provincia di Caserta, del comune di Capua o dalla parte della Lombardia e delle regioni del nord. Noi non intendiamo muovere guerra a nessuno. Vogliamo piuttosto che il Paese cresca nell’unità e nel giusto equilibrio tra le diverse aree che lo compongono. Non vediamo nemici nei nostri connazionali delle altre regioni, vediamo avversari da battere in coloro che non tengono in alcun conto l’unità, l’equilibrio e anche la giustizia”. Mi auguro, vivamente, che da questo consesso possa uscire una voce univoca contro tale scempio e dare una indicazione chiara alle Istituzioni della nostra ferma e contraria volontà”.
“Questa dell’autonomia differenziata così come prevista sarà una sciagura per le regioni meridionali e comporterà necessariamente una sottrazione di ingenti risorse alla collettività nazionale e la disarticolazione di servizi e infrastrutture logistiche (come i trasporti, la distribuzione dell’energia, la sanità e l’istruzione), che per il loro ruolo nel funzionamento del sistema paese dovrebbero avere necessariamente una struttura unitaria e a dimensione nazionale. La sottrazione del gettito fiscale alla redistribuzione su tutti i territori violerebbe poi il principio di solidarietà economica e sociale contenuto in Costituzione, andando a aumentare le disuguaglianze tra Nord e Sud, con un conseguente crollo sociale ed economico dei territori più svantaggiati che potrebbe mettere facilmente in crisi l’intera Italia. Volendo considerare solo le due infrastrutture che sono più vicine ai cittadini quali la sanità e l’istruzione ci troveremo nell’assurda situazione che con un sistema sanitario gestito a livello regionale, chi si trova temporaneamente in altre regioni potrebbe avere grandi difficoltà nel farsi prescrivere e acquistare le medicine di cui ha bisogno. Quindi già il sistema di prescrizione non potrebbe diventare di competenza esclusivamente regionale. Per il prof. Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe, che è un’organizzazione indipendente con lo scopo di favorire la diffusione e l’applicazione delle migliori evidenze scientifiche, al fine di migliorare la salute delle persone e di contribuire alla sostenibilità di un servizio sanitario pubblico, equo e universalistico. Sostiene che l’autonomia differenziata darebbe il “colpo di grazia al sistema sanitario nazionale” aumentando “le diseguaglianze regionali e legittimando normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute”. Lo stesso discorso vale per l’Istruzione. Luca Bianchi, il direttore del centro di ricerca Svimez sul divario regionale, ha criticato il disegno di legge di Calderoli sostenendo come l’autonomia colpirebbe gravemente il sistema scolastico con “un vero processo separatista” in cui si avrebbero “programmi diversi a livello regionale, sistemi di reclutamento territoriale e funzionamenti differenziati”. Critica sostenuta anche dalla sociologa Chiara Saraceno, secondo cui non sarebbe “possibile lasciare l’attuazione del compito costituzionale della scuola alle diverse disponibilità e scelte locali”, perché già ora “esiste una differenziazione ingiusta delle risorse educative pubbliche offerte sul territorio nazionale, non solo tra regioni, ma anche all’interno delle stesse regioni e città”. Differenze che “si sovrappongono alle diseguaglianze sociali e di contesto, invece di compensarle”. La mozione che Capua Bene Comune ha portato all’attenzione di questo Consesso è un atto politicamente doveroso, perché scongiurare la definitiva frantumazione del Paese è una battaglia che va combattuta a tutti i livelli istituzionali. Ma è anche un’occasione utile a far venire allo scoperto, una volta per tutte, chi ha davvero a cuore le sorti del Mezzogiorno e chi invece no. È l’occasione per i colleghi del centrodestra di dire, in questo caso e senza infingimenti, se stanno dalla parte della Campania, della provincia di Caserta, del comune di Capua o dalla parte della Lombardia e delle regioni del nord. Noi non intendiamo muovere guerra a nessuno. Vogliamo piuttosto che il Paese cresca nell’unità e nel giusto equilibrio tra le diverse aree che lo compongono. Non vediamo nemici nei nostri connazionali delle altre regioni, vediamo avversari da battere in coloro che non tengono in alcun conto l’unità, l’equilibrio e anche la giustizia”. Mi auguro, vivamente, che da questo consesso possa uscire una voce univoca contro tale scempio e dare una indicazione chiara alle Istituzioni della nostra ferma e contraria volontà”.